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Tibet: la repressione cinese continua, il governo in esilio parla di 100 morti

Le autorità cinesi invitano i rivoltosi ad arrendersi e promettono clemenza se si consegneranno entro lunedì

LHASA (TIBET) – E ora è una strage. Sarebbero almeno cento i morti della repressione cinese contro la rivolta scatenatasi a Lhasa, in Tibet, secondo informazioni non confermate provenienti dal governo tibetano in esilio a Dharamsala, nel nord dell’India.

LA NOTA DEL GOVERNO TIBETANO IN ESILIO – «Abbiamo notizie non confermate che circa 100 persone sono state uccise e che a Lhasa è stata imposta la legge marziale», ha denunciato in una nota il governo tibetano in esilio nel nord dell’India poche ore dopo che fonti ufficiali cinesi hanno dato notizia di dieci morti nelle proteste di ieri. Il governo in esilio si dice poi «profondamente preoccupato» per le notizie che arrivano «dalle tre regioni del Tibet di uccisioni sommarie, di feriti e arresti di migliaia di tibetani che protestavano pacificamente contro la politica cinese». Ancora, la nota ribadisce che «le recenti proteste riflettono i reali sentimenti dei tibetani in Tibet e il desiderio di essere liberi dal regime repressivo cinese».

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PROMESSA DI CLEMENZA – Le autorità cinesi del Tibet hanno promesso clemenza ai «ribelli» che si consegneranno entro la sera di lunedì prossimo. Lo afferma una nota diffusa dall’ Alta Corte del Tibet, nel quale si promette «clemenza» a coloro che si arrenderanno. Secondo la nota «i teppisti hanno dato fuoco a scuole, ospedali, centri di intrattenimento per bambini. negozi e case civili e…ucciso innocenti civili». Le autorità finora hanno chiarito di quale etnia siano le dieci vittime annunciate fino a questo momento ma dalla formulazione delle loro dichiarazioni si evince che si tratta di cinesi «han» immigrati in Tibet.

INDIA: LA MARCIA CONTINUA – Intanto una seconda ondata di tibetani in esilio ha deciso di opporsi agli ordini del governo indiano riprendendo la marcia verso il Tibet. Mentre 102 tibetani sono ancora in carcere, un secondo gruppo di 44 persone è partito stamattina alle 10 dalla località di Dehra. «Le proteste coraggiose dei tibetani in Tibet – ha dichiarato Chime Youngdrung, presidente del partito nazionale democratico del Tibet – ci hanno reso ancor più determinati nel voler continuare questa marcia e portarla a termine. Poichè siamo testimoni di una escalation di violenze da parte del governo cinese a Lhasa, crediamo che sia importante per noi ritornare a casa per riunirci con i nostri fratelli e sorelle che stanno combattendo per sopravvivere sotto l’occupazione cinese».

ASSALTO AL CONSOLATO CINESE A SYDNEY – Ma le proteste contro la repressione cinese si estendono a tutto il mondo. In segno di solidarietá con la rivolta dei tibetani a Lhasa, repressa nel sangue dalle autorità di Pechino, una cinquantina di manifestanti ha assaltato questa mattina il consolato cinese a Sydney. Secondo quanto riferito, alcune persone sono state arrestate dalla polizia australiana dopo gli scontri scoppiati a seguito del tentativo dei manifestanti di scavalcare il muro alto tre metri che circonda la sede diplomatica.

http://www.corriere.it

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  1. mortacci della repressione e di chi la usa sempre e cmq.

  2. anche oggi le varie rivolte sono finite alle mani … e la golosità dei governatori impazza … nessuno mette le mani sui cinesi …e sulle olimpiadi … che abbiamo paura che poi contaminino tuto con le cineserie ??? …

    che disgusto …

  3. e bisogna star zitti, buon viso a cattivo gioco.

    capito?

    bah, che schifio!
    (anche lo scudetto dell’inter che ti sei messa nel template, però)

  4. quoto fasti al commento numero uno e sono anche furiosa

  5. Ho il cuore che fa maleper tutto questo…..

  6. I morti devono essersi suicidati, perchè il governo cinese ha dichiarato di non avere sparato o aggredito i manifestanti…

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